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Gli spumanti di qualità, così come li conosciamo oggi, sono nati in Francia alla fine del 1600 nella regione della Champagne. La leggenda vuole che lo Champagne, il progenitore delle bollicine di qualità così apprezzate ai giorni nostri, sia stato inventato da Dom Pierre Pérignon, economo dell’abbazia benedettina di Hautvillers. Ma la realtà storica non coincide sempre con il mito. Nel XIV secolo in un’opera del benedettino Don Francesco Scacchi di Fabriano, si parla infatti già di spumante e spumantizzazione, che anticipa quanto sarà realizzato qualche secolo più tardi.

Le esperienze dei vignaioli di Champagne e le loro scoperte empiriche, hanno portato alla codifica del metodo champenoise. Pratiche enologiche primitive ma applicate correttamente, consentivano di trasformare una miscela di vini fermi in prodotti spumeggianti, grazie all’aggiunta di lieviti e zuccheri. Anche se sembra che all’inizio, Dom Pérignon abbia mescolato le uve e non i vini, pratica divenuta prevalente solo in seguito. Le bottiglie che non scoppiavano per la notevole pressione dovuta all’anidride carbonica, erano molto apprezzate dai consumatori dell’epoca, cosicché i vignaioli si impegnarono nel perfezionamento di quel metodo, che si sarebbe poi diffuso in tutte le regioni del mondo dove si producono preziose bollicine. Oggi la produzione di spumanti è regolata da leggi comunitarie, ulteriormente precisate dai disciplinari delle diverse denominazioni. Il regolamento CE 479/08 della normativa UE definisce lo spumante come il prodotto ottenuto dalla prima o dalla seconda fermentazione alcolica di uve fresche, di mosto di uve, di vino, caratterizzato alla stappatura del recipiente da uno sviluppo di anidride carbonica proveniente esclusivamente dalla fermentazione e che, conservato a 20°C in recipienti chiusi, presenta una sovrappressione non inferiore a 3 bar dovuta all’anidride carbonica e per il quale il titolo alcolometrico totale delle partite (cuvée) destinate alla sua elaborazione non è inferiore a 8.5% vol.

La classificazione degli spumanti prevede le seguenti categorie:

  • –       vino spumante  – con titolo alcolometrico volumico totale del vino base ³ 8.5%
  • –       vino spumante di qualità – con titolo alcolometrico volumico totale del vino base ³ 9.5%
  • –       vino spumante di qualità di tipo aromatico – con titolo alcolometrico volumico effettivo ³ 6% (10% totale)
  • –       vino spumante gassificato

Quando si parla di prodotti di qualità, ci si riferisce sempre agli spumanti naturali, nei quali l’anidride carbonica si è formata per rifermentazione. Le piacevoli bollicine che ravvivano gli spumanti si possono ottenere con sistemi diversi, anche se i più impiegati sono il metodo Classico e il metodo Martinotti o Charmat. Il primo prevede la rifermentazione del vino-base in bottiglia, mentre nel secondo avviene i grandi recipienti (autoclavi). In realtà esiste anche un terzo metodo, il Marone-Cinzano o Transfert o del travaso, una combinazione dei due precedenti ormai in disuso.  Negli spumanti artificiali l’anidride carbonica non è prodotta per rifermentazione, ma è solo addizionata a bassa temperatura (0-5 °C) e pressione elevata, condizioni che ne favoriscono la solubilizzazione nel vino. Per 4-5 ore l’anidride carbonica è insufflata con saturatori dotati di speciali candele in ceramica porosa. Il vino è fatto riposare, poi sottoposto a una filtrazione sterilizzante e trasferito in un’altra autoclave a -4 °C, adatta per l’imbottigliamento isobarico. In alcuni casi, soprattutto per migliorare la stabilità di spumanti con residuo zuccherino, si realizza una pastorizzazione a pioggia.

Il perlage grossolano, il profumo semplice e limitato nella finezza, rendono questi spumanti di qualità decisamente inferiore rispetto a quelli naturali.

SPUMANTE DOLCE
Tranne casi più unici che rari, gli spumanti dolci sono ottenuti con il metodo Martinotti, che fa risaltare gli aromi primari delle uve. Lo spumante dolce più consumato in Italia, ottenuto da moscato bianco, è l’Asti. La produzione accurata inizia dalla vendemmia, condotta in modo da non danneggiare i grappoli. Le uve sono sottoposte a una delicata pressatura diretta. Chiarificato, solfitato, illimpidito, il mosto è poi travasato in grandi vasche refrigerate, dove tenderebbe a iniziare la fermentazione. Per evitare spiacevoli sorprese si deve filtrare più volte, per rendere il mosto infermentescibile, anche se ricco di zuccheri. Questo vino-mosto è stabilizzato a bassa temperatura (0-5°C). Dopo un riposo di alcune settimane si realizza una filtrazione brillantante, per passare alla seconda fase della produzione. Il mosto-vino è posto in grandi autoclavi, nelle quali era stato preparato un pied de cuve con i lieviti, che circa in 30 giorni fermentano parzialmente gli zuccheri, producendo alcol etilico e anidride carbonica, che determina una sovrapressione di 5-6 atmosfere. Si procede con un raffreddamento a -4 °C, per bloccare l’azione dei lieviti e lasciare un buon residuo zuccherino, procedendo con rimontaggi, controlli ed eventuali trattamenti chiarificanti. Alla fine, per eliminare i lieviti ed evitare che in bottiglia gli zuccheri residui fermentino, lo spumante è sottoposto ad una filtrazione sterilizzante e al successivo imbottigliamento.

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